...NEVER GIVE UP, NEVER GIVE IN...

giovedì 26 novembre 2009

DECISONE, ARDORE, VENDETTA!

Cosa faresti tu? Come agiresti se ne fossi protagonista?

Quella domanda e il discorso che ne seguì riempirono il mio cervello di dubbi, di ansie, di domande, di certezze.
Quell’uomo così tenebroso, così sapiente e misterioso me la pose con una calma e una convinzione che parevano disumane, in una serata caratterizzata da un tempo ingrato, reso mistico dal confronto col tormento del mio animo.

Pensa, se qualcuno avesse fatto qualcosa a chi per te è importante…
poniamo che verso questa persona siano stati commessi torti atroci, un numero imbarazzante di angherie che lente hanno agito come coltelli sulla carne della sua psiche.
Alcuni crimini commessi da fantomatici predatori del disgusto sono volontari, altri no…altri addirittura son stati commessi con il benestare della vittima, col suo consenso, tanto da farti credere che a lei stessa piacesse rapportarsi con la sofferenza, lo sdegno e l’assurdità di tali azioni.
È la vittima stessa che te lo racconta, innocente, incosciente di essere la causa di un fremito nel tuo cuore, di una mancanza di respiro, di ore di nero emotivo…la vittima sta male e tu lo sai;
anche tu stai male perché la via è doppia, la casistica è biforcuta…
da una parte azioni ripugnanti di indubbia immoralità pendono su di te, che non le hai neppure commesse, come una spada di Damocle; dall’altra fatti che a te solo sembrano riprovevoli, che tu non avresti mai compiuto, e che sono accaduti facendoti provare una sorta di delusione, di pena nei confronti della vittima.
Tu sai che son aberranti ma lei stessa non se ne rende conto.
Devi soffrire, ragionarci, deprimerti senza avere alcuna colpa…come un neonato deve soffrire le colpe del peccato originale pur essendo in vita da un sospiro, solo perché qualcuno ah identificato in un dio malizioso e punitore la fonte di creazione dell’esistenza globale.
Vada come vada, mio caro ed innocente amico, devi pagare delle colpe che non sono tue, devi addormentarti ogni notte con negli occhi l’immagine di quelle angherie che solo nella tua visione del mondo pongono un velo di nera negatività sull’essere umano.
Capisci? Dovresti soffrire gratuitamente….senza avere colpe.
Come agiresti se ne fossi protagonista?

Gli occhi di quell’uomo non si sono mai mossi da una posa superbamente apatica, non ho elementi per capire il suo stato d’animo ma conosco bene il mio: afflitto, turbato nel profondo;
provo a rispondere…

Se fossi vittima soverchiata da qualcun altro, cercherei di cancellare il male fatto, nei limiti del possibile…se occorre potrei decidere di prendermela con chi è in torto.
Pagare debiti che non ho contratto mi sembra assurdo…qualcosa farei.

I suoi occhi si alzano, il ghigno quasi strafottente…ha da ridire.

Non puoi cancellare…sono nati questi fantasmi e rimangono incisi nella pietra della storia, scritte indelebili nella mente dei protagonisti.
Puoi invece decidere di intervenire sul colpevole…vendetta, sacrosanta vendetta.
Ma tutto ciò che è accaduto è stato compiuto all’infuori di te…sei tu che stai pagando, è vero, ma non centri comunque nulla con l’accaduto.
Non è affare tuo, non te ne dovresti interessare.
La società ti guarderebbe come un gretto individuo che opprime con la sua violenza il prossimo e s’interessa di fatti che non riguardano direttamente la sua vita.
La questione sembra meramente filosofica ma tu ci metti un’azione che può decretare la tua immediata decapitazione sulla piazza della vita, da parte del boia sociale.
Nessuno capirebbe, nessuno ti appoggerebbe e per di più non saresti sicuro del fatto che la vendetta possa essere la via della guarigione.
Alla luce di queste considerazioni…cambia il tuo punto di vista?

Ha ragione…quell’uomo ha fottutamente ragione…non è affar mio, nessuno capirebbe, non son sicuro che serva a qualcosa;
ma sapere tutto questo non fa altro che aumentare la rabbia dentro me, un esplosione di sensazioni che bussano alla porta di un paio di occhi vitrei, riflesso di un’anima violenta, sopita nel tempo e risvegliata con ardore. È la rabbia a guidare i miei pensieri, il mio corpo si scalda, se cadesse la neve si scioglierebbe a contatto con esso, con la mia mente, con la mia anima…i ragionamenti di dolore e le immagini di morte guidano la mia risposta…
 
No. Non cambierei visione delle cose…anzi.
Sono sempre più convinto che solo la vendetta, truce, violenta possa essere la via per stare meglio.
È una questione di giustizia, mera giustizia personale…chi deve pagare paghi!
Che la vittima fosse accondiscendente o no non mi interessa…non cambia la gravità dell’accaduto.
Esploda la società, si fottano i benpensanti, a morte la morale, all’inferno la legge…io mi vendicherei qualunque fosse il risultato, chi è in errore soffra!
Vada come vada, la via è la vendetta.

Egli alza per la prima volta il capo, mi guarda negli occhi, sempre con un’inquietante apatia.
Ora però lo sguardo vira verso un'altra connotazione…è fiero, contento, pieno di approvazione.
Quell’uomo è fiero di me, della mia risposta…contro tutti e tutto prende un ultimo infernale respiro e con un deciso movimento delle labbra esclama a voce bassa una sola parola…

Esatto!

venerdì 6 novembre 2009

Epitaffio.

In doverosa memoria di colei che sola ha portato il sole su tanti visi; estenuante la sua lotta per salvarsi, finita fredda e virtuosa nel tempo passato.
Più d’un’anima poté trarre giovamento dalla sua presenza, da quel divenir presenza che lei sola esercitava con furore.
Molt’altri non avrebbero voluto conoscerla ma rassegnati alla sua mastodontica imposizione hanno pazientemente aspettato che ella si spegnesse…ed ora che smorta giace nei ricordi di chi l’aspetta ancora, essi trovano modo di riverirne la partenza.
Cantiamo l’anima di chi anima non ha avuto, di chi gesta non ha commesso, di chi non è esistito se non nel ripetersi del tempo.
Un ricordo commosso degli avversari, un caldo arrivederci dei congiunti.
Per ora, solo un addio.


Queste le fosche parole di un epitaffio.
A te, estate, dedico queste frasi…un fazzoletto di lettere poste a saluto di te che vai, per lasciare spazio alla stagione, sola, in grado di farmi sentire un mondo che rinasce.
Con le tue torride armi hai seccato l’orizzonte dei viventi, ma ora torna la pioggia, l’aria fredda, frizzante e viva…torna il calore prodotto dai fuochi compagni, dai lumi deboli e servili che onorano il buio, calato veloce e tetro per ridare agio a quegl’occhi così provati dal tuo sole.
Torna Novembre.
Oh Novembre…quanto è dolce e lieto il tuo nome…quel suono che mi ricorda il possente e truce avanzare della notte che con agile alito appoggia su di noi le sue vesti.
L’oppressione del caldo è lontana, si intravedono le nubi, si respira la brezza e tutto tace.

Finir del pomeriggio, il sole carminio abbassa le armi e si depone dietro la bruna montagna…avanza un manto indaco, resta solo una linea arancio fra il cielo e la terra;
e là, da dietro le spalle gonfie de’ monti avanzano lenti e fieri cumuli di grigio sperare. Nuvole.
Cirri, cumulonembi e nembostrati intonano la cavalcata…avanza il plotone e imperioso si ferma a coprir le cime.
Il colore è di un nero splendente, di un bianco cupo e selvaggio…tumulti.
Niente scrosci o detonazioni…con aria leggera si accende la montagna, e languida resta sotto la nube trepidante e pulsante. Ora è sua, tra poco sarà bianca, il plotone porta neve.
Solo in alto per ora, è lontano l’inverno…ma domani il vento calerà frettoloso sul fianco dei boschi portando a noi una fetta di quell’aria, un po’ di quel gelo che arriva diretto a tagliar la pelle, ad accendere il cuore.
E con una lacrima mi torna la vita.
S’avvicendano parole e opere nel grembo attorno a me…egli scorre e rallenta, ma il cuore mio è rinfrancato e per ora non posso che sperare nella durata di questo autunno. Quando finirà, sarò sempre sicuro del suo ritorno.
È così che van le cose: infervorati e laidi, stanchi per l’insuccesso del quieto vivere, ci troviamo spaesati e commossi quando arriva la gioia…e ci troviamo ad elogiare ciò che qualcun altro odia.