...NEVER GIVE UP, NEVER GIVE IN...

giovedì 29 ottobre 2009

Storia Vera ed Incredibile

Canteremo oggi la storia d’un uomo senza nome, volto né patria, che prese in mano le redini del suo destino stando fiero sull’arcione e col volto rivolto alla luce.
Era questo un guerriero vincitore di infauste battaglie, portatore di ombre, di spiriti, di grida.
Cavalcava sull’ali della ferocia un tempo colmo d’ingiustizie e di mali pensieri; portava con sé morte, fame e dolore lasciando un ricordo, nelle menti impresso, di spavento e di ghiaccio, col fioco lume d’una redenzione possibile, scansata ed odiata.
Provava pena e ribrezzo per quel che faceva ma continuava indomito a cavalcar l’onda delle nubi, il fragore della violenza, l’odore della vergogna.
Mai avrebbe egli potuto dar vita a qualcosa se non ad un deserto di arida follia, a un miraggio di oscure penombre forgiate nella vendetta e nello scalpore. 
Condusse a tal sorte la sua vita per anni, finché arrivò a stomacarsi del suo fare e indeciso fra il lasciare questo mondo, farcito della sua iniquità, e restarci per soffrire alla vista di essa, aspettava che fosse la sorte a porgli traguardo.
Non la chiameremo fortuna, ma provvidenza, quella mano che lieve e veloce, dolce e decisa, gli pose la grazia davanti. Senza avvedersene si trovò in mano il regalo del fato, il volere dell’animo, la cosa che gli avrebbe stornato la condotta: trovò l’amore.
Abbandonata l’ascia, riposta la spada, una nuova guerra iniziò per l’eroe maledetto; una guerra assai più dura delle precedenti, più facile da abbandonare. Ma non abbandonò.
Il carattere forgiato da troppe vicissitudini, l’animo reso ostile alla resa da mille battaglie, l’amore che così forte spingeva il suo credo, lo portarono a perpetuare la causa che aveva assunto; mai si arrese, mai si pentì, fu sempre triste vincitore.
Le nubi che aveva sulle genti portato non furono più un suo affare, lo diventò invece quella foschia che abbatteva il cuor di lei.
Mirabile, amabile visione, afflitta dai fantasmi di ieri andava liberata.
Fu lui a portale il sole, con quell’impegno, quella foga che lo resero celebre; sfiancanti battaglie a suon di penna e di parola, condotte con l’animo fiero di chi vuol fare giusto e ha poche armi per arrivare in fondo.
Con lungo cammino le nubi si diradarono, divennero cielo, spuntò il sole, lei fu salva.
E l’animo di lui toccò l’apogeo di un ciclo di afflizione e rinascita, lasciandolo stanco, amaro e felice.
La storia di quell’uomo corre da una ad un’altra bocca ma non se ne conosce la fine;
un epilogo c’è, ci sarà, questo è certo, ma sta ai personaggi stessi scriverlo.
Ciò che noi sappiamo è che partirono insieme per il viaggio più lungo e angusto della loro vita; mano nella mano lasceranno parole e frasi per descrivere il finale, vi porranno la firma e sarà la storia della loro vita.
A noi rimane il gusto e il pregio di raccontare una storia che sa di incredibile e di vero, di speranza, di dolore e di gioia; una storia che sa di vita.

Non c'entra nulla...aparte l'enfasi vagamente eroica...però lo posto; ha accompagnato la penna, diciamo...un saluto in particolare alla mia Donna...lei sa perchè.

martedì 27 ottobre 2009

...NightFall...

so che a molti non piacerà...

pero' è indiscutibile la tecnica canora di Hansi....4 ottave d'estensione...potenza incredibile...modularità vocale unica...

a me dan forza, per questo li voglio qua...sul muro... non vi racconto una storia, per oggi lo fanno loro al posto mio..

let's see what happens...after Nightfall...

http://www.youtube.com/watch?v=PrEm8jMC5Q8

lunedì 26 ottobre 2009

Lo sfogo di un possibile perdente

Non si tratta più di decidere…no…
La decisione è arrivata… odiata, temuta, scansata….veloce, implacabile, inflessibile, bastarda…
Ed ora il tempo diventa sofferenza….truce schiettezza regna nel cuore…ardore, timore…
So bene il da farsi, non so come agire….la trappola è tesa e la cella mi aspetta….
La cella in cui marcirà il mio decoro, nella quale si spegnerà la mia vita se non trovo il coraggio di muovere…
Il loculo in cui triste morrà il ricordo di un lieto dolore, di un benevolo addio allorché io sia tanto impavido da fare…
Chi me lo chiede? Me stesso! Se vuoi vivere conosci la strada, mi dice, se vuoi morire anche…
A me la scelta ora che il sole mi appare come un mulo stordito che fa ogni giorno il suo lavoro, il suo tragitto, senza trarne altro che l’appagamento naturale…quello che deriva nient’altro che dal regolare scorrere degli eventi…
La scelta non sul da farsi ma sul compire…so cosa fare, devo solo agire…
E possa io morire un giorno di vergogna se ora il coraggio mi venisse a mancare….possa io un giorno patire la gogna se decido d’agire….
Nient’altro, solo nubi…e in fondo in fondo un sole che vedo, conosco e non so raggiungere…
Niente punti fermi quest’oggi, solo puntini…perché la sospensione regna sovrana fra le lande desolate dell’impazienza e soprattutto…perché l’adorato punto non lo so mettere…


mercoledì 21 ottobre 2009

Ho Visto...

Ho visto le guerre, ho visto le bombe, ho visto madri piangere i propri figli dilaniati da un crudel destino.
Ho visto la violenza, il sangue, la disperazione la povertà, la falsità, il silenzio lo sconforto.
Ho visto terre bruciate, case distrutte, paesaggi di morte; la sofferenza, le lacrime e l’abbandono.
Ho visto la dipendenza, la depravazione la mancanza di sentimento.
Ho visto lacrime scalfire candidi volti disperati e il vento spazzare via i sogni; ho visto il nero della notte più tenebrosa e il bianco dell’apatia più incalzante.
Ho visto la frustrazione, la delusione, ho visto le genti annichilirsi.
Ho visto tutto con questi miei occhi, ma niente sarà mai così truce quanto il tuo volto sconvolto e il suono della tua voce di quella sera.
Niente mi rese mai più triste.

Ho visto il cielo azzurro, le colline in fiore e i monti innevati; ho visto i ghiacciai emettere un bagliore accecante di gioia rubata e l’oceano sorridere con vergognosa maestosità.
Ho visto la felicità e l’allegria, la spensieratezza e la gioia di esser vivi.
Ho visto pargoli ridere, correre e giocare; ho visto madri amorevoli, animali in festa.
Ho visto i continenti, le foreste, i prati e le spiagge.
Ho visto il bagliore del sole mattutino e il fosco chiarore della luce all’imbrunire; ho visto il vento accarezzare i capelli e le mani di chi sorrideva al giorno.
Ho visto sorrisi far capolino su volti incantati di indubbia gioia e di maestosa sincerità.
Ho visto la magnificenza della natura coi suoi colori privi di disordine e traumi.
Ho visto ciò che di più meraviglioso esiste al mondo ma niente è paragonabile alla bellezza del tuo sguardo e alla luminosità dei tuoi occhi lucidi di quella sera.
Niente mi rese mai più felice.

venerdì 16 ottobre 2009

Un Sogno, in pochi lo capiranno.

Al bordo della strada sto per entrare in una bar, un grosso edificio dai muri rosa pacato dal quale vengono una miriade di voci, canti e lamenti…ogni tanto qualcuno viene defenestrato, presumo dai gestori del locale, per poi rientrare o defilarsi abbandonandone la frequentazione.Decido comunque di entrare, lo spettacolo è avvincente.Una stanza unica, sconfinata, con una quantità abnorme di tavoli, panche e sedie;
c’è chi è seduto da solo, chi si ritrova in gruppo…gente che va, gente che viene: carino, caotico ma carino.
La prima cosa notabile, agli occhi di tutti, è la quantità di persone che tentano di approcciarne altre nelle maniere più disparate; chi porge fiori, chi canta poesie, chi sussurra oscenità e rischia il linciaggio. In un angolo un gruppetto di persone allo stesso tavolo beve birra e gozzoviglia in allegria; all’altro capo della stanza persone scure sono in silenzio…accarezzano il bicchiere mezzo vuoto senza bere e fissano con sguardo vacuo il tavolo, senza proferire verbo.
Al centro dello stanzone il banco del bar.
Due persone vi son dietro, intuisco lo staff del locale: un ragazzo magro sta asciugando con delicatezza un grosso bicchiere dalla famosa forma, uno di quelli tipicamente usati per le torbide birre bavaresi.
Calmo ma attento lo sguardo, mentre strofina il calice ascolta ciò che intorno viene detto, sorride a qualche battuta, ogni tanto interviene, spesso è costretto a lanciare taglienti occhiatacce ai malandrini che noncuranti alzano i toni o semplicemente infastidiscono i clienti.
L’altro membro dello staff è una ragazza…spigliata, con un asciugamano sulla spalla, scivola agilmente tra la macchina del caffè e il frigo per le bibite. Parla volentieri coi clienti, risponde fiera e precisa alle loro domande, si sofferma con pochi e come il collega tenta di mantenere un certo ordine nello stanzone.
Vicino al banco una donna seduta sola.
Tailleur nero, gambe elegantemente accavallate e un grosso cappello in stile inglese; fuma una sigaretta ed è assorta nella lettura d’un libro di poesie. Ogni tanto alza lo sguardo, conversa coi baristi e incessantemente scaccia coloro i quali, tanto affascinati dalla sua figura, le chiedono di unirsi a lei. Preferisce stare sulle sue e leggere, voltandosi ogni tanto a guardare una ragazzina, con sguardo amorevole.
La ragazzina, un po’ paffuta e con tanti capelli mossi è sola al tavolo e su di esso un sacco di fogli sparsi, matite e gomma ovunque. Sta disegnando.
Una tecnica sopraffina, una mano leggera e decisa che incide pezzi di storia, la sua storia, su quella carta per schizzi. Quando sente qualcuno straparlare di una qualche teoria politica alza la testa, come un gatto intento a mangiare quando viene sorpreso da un rumore non troppo lontano. A volte interviene, sbotta, s’arrabbia…poi torna a disegnare. 
Saluta una giovane donna, appena entrata, la quale, accettato il saluto, si dirige al tavolo della donna dal cappello inglese e vi si siede; conversano tranquille per poi salutarsi…una continua a leggere le sua poesie, l’altra si dirige verso il jukebox e fa partire una canzone…un rock americano, grezzo un po’ duro. 
Voglio conoscere queste persone, ma quale per prima? La donna, così di classe, è immersa nel libro, non vorrei disturbare…la ragazzina è ricoperta di gomma fin sopra i capelli, direi che già abbastanza impegnata…la giovane amante della musica sembra così felice appoggiata al jukebox mentre canticchia l’aspra melodia che mi sembra peccato levarle quel momento…i baristi impegnati e attenti, hanno da fare.
La cosa mi blocca ma non vi è aria di ostilità. È solo un problema mio.
A dirla tutta respiro un aria di benevolenza, di accettazione; qualcosa dentro mi dice che parlerò con questa gente.
Degli altri non mi interesso, son solo rumore di fondo; queste poche persone hanno attratto la mia aura, so che un giorno saremo eloquenti, l’uno con l’altro.

Era un sogno, un incubo benevolo avuto in una gelida notte d’autunno.
Oh se ora vi dicessi la verità…direste: quest’uomo è pazzo.
Si perché vi dico che le persone che ho sognato esistono davvero!
Il barista in realtà è una barca…un battello di quelli che vanno ad alcol;
la sua collega è una tigre…sissignore, una tigre blu, niente di più vero.
La donna dal cappello inglese è una dolce e profonda persona, molto misteriosa…tanto da non avere un volto!
La ragazzina, beh…è difficile da inquadrare: è giovane e matura…forte come un leone e al contempo fragile come vetro….è umile bensì a tratti si ponga con boria; è difficile inquadrarla…è tutto e niente.
Perfino la giovane donna dall’animo rock ha un’identità…si che ce l’ha, ed è ben chiara, anche se a volte il suo comportamento la fa apparire mutevole…è un po’ come creta, pongo, plastilina.

Dite la verità, mi credete pazzo vero? Battelli ad alto tasso alcolemico, tigri blu, donne senza faccia, plastiline, tutto, niente! Eppure è così…quel sogno trasmutava la realtà.
È bello poter definire gli altri in modo indefinibile; conoscerli così bene da non saperne spiegare le caratteristiche…essere così lontani da loro da poter condividere un po’ tutto.
Assurdo? Ossimorico? Può darsi…nel dubbio di avervi fatto sprecare parecchi minuti con un banale racconto vi dico, grazie ragazzi…

lunedì 12 ottobre 2009

Traguardi

Mai avrei pensato di protrarmi a tal segno: la vita e la morte s’avvicinano a tal punto da lasciar ben poca aria al polmone dell’esistenza.
Si ancora in me un pensiero tardivo, un istinto di forza come una brezza d’orgoglio che irrora quella boscaglia, fitta e grigia, che il mio cuor costituisce.
La crudezza degli eventi porta la vita e la sparge sul fragile intreccio di sangue e carne, vi porta la fede, la morte e l’abbagliante sogno di un luogo ameno.
Vedo nel sogno un ruscello di montagna che impavido si fa largo fra i boschi…scorre sereno dalle cime alla valle; tutt’intorno prati e abeti, faggi e rocce sotto un cielo pezzato di nubi grigie ma chiare, che l’ombra portano su distese di freschi arbusti piegati solo dal vento che frizza e gioisce.
Che sia il futuro? È un luogo da vedere, in cui fermarsi…la pace dello spirito. Là devo arrivare, stabilirmi, godere di tutto ciò che un tale fazzoletto di mondo invero può offrire.
Arriverà la grandine, passerà la tormenta; e cumuli di rocce appuntite, nere come la pece, rosse come il sangue, si affacceranno come pronte a cadere violente ed inesorabili.
Spezzeranno gli abeti, bloccheranno il ruscello, incupiranno il cielo.
Ogni qual volta la stupidità umana segna un nuovo punto sul tabellone della vita le infauste rocce appaiono, si fanno grosse e concrete, pronte.
Solo l’ardore, il coraggio e quel marasma di pazzie e di immagini credute false ed irrisorie, che noi chiamiamo verità, può bloccarle rispedendole al mittente.
Esangue giace l’eroe che il destino ha combattuto, sfinito è colui che solo lotta per la causa. Un periodo duro, di negligenza, può annichilire e disilludere un cuore fermo, impavido; ma non può ucciderlo, ne stroncarlo, tanto meno fermare il suo battito che pompa sincerità per le vene di chi ha sempre servito la causa del vero con tenacia.

Mi sento stanco, provato, disilluso…che fosse una flebile speranza quella di raggiungere l’ameno luogo? Che fosse pazzia pensare di poterci restare? Forse baldanza, persino arroganza…potrei lasciarmi perdere e pensare che sia inutile la lotta anche se ineccepibile la causa.
Forse troppo magro il bottino.
Ma non posso pensarlo, non riesco a crederlo. Stupido e borioso mi rialzo, a me la spada, si combatte. Ho firmato forse la mia condanna a morte…che sia! Che venga a prendermi ma sappia, la morte, che non mi avrà così facilmente.
Lotterò finche avrò aria nei polmoni, sangue nelle vene, gloria nei muscoli, spavalderia nel cervello..potrò sputare la vita, perderla per sempre, correrò il rischio.

Il pensiero dell’arrivo, credere reale la meta mi fa andare avanti…l’amore che ho nel cuore mi tiene in piedi, le canzoni dei vecchi bardi mi dan forza e fiducia…la mente accesa, il cuore gonfio.
Torneran le lacrime, le cacceremo…mia alleata in te confido, nel tuo amore e nel tuo impegno…
Illusi, ancorati ai nostri pensieri moriremo. Divisi cadremo. Ostinati periremo.
Uniti, solo uniti e forse un po’ diversi, cambiati vinceremo.
 Se morte deve essere che morte sia, sol dopo la battaglia;
se vittoria deve essere che vittoria sia…si va in scena.

venerdì 9 ottobre 2009

Ricordo

9 Ottobre...saprete bene chi morì oggi...se non lo sapete cercate...9 ottobre 1967, Bolivia.

non canterò oggi gesta d'eroi, nè voglio pareri sull'altrui vita....oggi solo un pensiero e un commosso ricordo.

                                                         XoniX

lunedì 5 ottobre 2009

La Lizza

Picchian i ferri, sbatton le lance, fulmini arcani e dolenti paure
l'incontro e lo scontro diventano pietra,la fan da padrone la morte e il vento.

rincorsa fatale di nero destino, brilla la maglia, si srotola il suolo...
avanza, s'inarca, sbuffa e nitrisce, bassa la testa è già rombo di tuono.

la lizza, gli araldi, che sguardo d'amore...muore il vincente e finisce così...
venuto era il vento, solo or si può dire, riecheggian nell'aria di scudi i colori.

l'odore, il dolore, la notte, le fiamme, vincere o perdere
che sia di guadagno?

se può esser soltanto consolatore, sia data la terra a chi l’ha solcata,
sia dato l'amore a chi l'ha voluto, sottratta la vita a chi l'ha sprecata.

giovedì 1 ottobre 2009

Lamento Tardivo

Ascoltami o madre, grembo del tempo e fonte di ascesi…
Tu sola puoi salvarci dalle scelte infauste, che i secoli solcan come lame d’argento, tu sola puoi liberarci dalle auree catene che noi stessi, con fare accondiscendente, ci siam fatti stringere ai polsi da una vana promessa di lodi e stelle.
Nient’altro che uomini fummo in quell’occasione; nell’oblio del vortice di passioni che ci ha trascinato a fondo…a fondo in un mare che sa di speranza, di vergogna e di fine….quel mondo, il tuo mondo, l’abbiamo seccato, denutrito, svuotato…per avere sulle nostre mani i piaceri del tatto e del gusto. Per soddisfare il nostro credo a te, o natura, abbiam tolto la linfa, il coraggio, il nervo.
Tu ora puoi scegliere, implacabile vendicatrice, di salvarci dal nostro destino o di porre fine a quel lungo lamento, a quel deserto di emozioni, a quell’arido, secco corso d’acqua ristagnante che noi chiamiamo futuro…quell’insensato concetto che offriamo ai nostri figli, i tuoi figli, che nient’altro in vita potranno avere se non l’immagine truce e desolata di una terra macabra e solitaria, ridotta alla fame dall’arguzia non mai ostentata di quell’essere che l’ha rovinata….quell’uomo che oggi canta a te la sua fede nel patetico tentativo di procurarsi un posto, anche uno solo, nell’ormai stretto e solitario vicolo della tua pietà.
A te ora, madre di ogni attimo, lenta misuratrice di ogni spasmo, chiediamo di concedere a noi infedeli della tua virtù, un’ ultimo sorriso; se devi eliminarci, se devi porre il tuo martello giudicatore fra noi e la vita, se devi porre fine alla sanguinosa catena d’erronei eventi che noi chiamiamo evoluzione, se sei costretta dalla tua indole buona e severa a diventar portatrice di morte e se ti trovi obbligata a renderci rantolo il respiro…fallo in fretta. Non prolungare oltre la sofferenza, ci abbiam pensato noi soli a procurarci infinita agonia…muovi la mano, veloce e implacabile, decisa e inflessibile e accorcia fin che puoi della sofferenza la durata.
Ricordati madre, che i tuoi figli, per quanto traditori tutti, son composti da diverse schiere….e che tra queste qualcuna più delle altre ha cercato vana di rispettarti…ai figli tuoi a questa legione appartenenti, ti prego, risparmia il dolore estremo di veder la vita finire tassello dopo tassello…a questi almeno, concedi una conclusione veloce, brutale ma veloce….perché soffre di più la margherita spennata lenta nelle lunghe ore di primavera, che la quercia tagliata secca da un colpo d’ascia che scampo non lascia.


Il Bardo...

Chi è il Bardo? È un artista, un poeta, un cantore…colui che scava nell’animo umano e vi estrapola emozioni, gioie e paure…
In epoche lontane fu errante consigliere di re e nobili…ancora più in la nel tempo sedeva sui troni della società al pari dei Druidi.
Oggi un bardo non è nient’altro che un canta storie…vere o immaginarie, fantastiche o plausibili;
la penna per scrivere, qualcosa per suonare, la spada per combattere…
egli non è un giullare da niente, un buffone di corte costretto ad abbracciarsi ad un’irrisoria spada di legno…è un vero guerriero…colui che accompagna i soldati nel campo e ne canta le gesta nei salotti…colui che è un anima sola nel gelido frastuono di una corte…colui che è unico nell’immenso oceano di chi è, o si fa chiamare, artista.